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sabato 26 ottobre 2024

Echi di guerra di Luigi De Giovanni

 Echi di guerre



Ancora pochi giorni per poter visitare la mostra e l’installazione “Echi di Guerra” di Luigi De Giovanni, inaugurata per la Giornata del Contemporaneo indetta da AMACI il 12 - 2024 ottobre, nello Studio Sutta Le Capanne du Ripa e Studio 22 a Specchia in Piazza Del Popolo, che chiuderà il 20 ottobre alle ore 20:00. Una mostra che racconta il nostro tempo, le nostre paure, le angosce quotidiane che pare vogliano togliere ogni sogno anche ai giovani sperduti nell’web e abbandonati a loro stessi.  A rendere ancora più interessante l’evento ha provveduto l’architetta Stefania Branca che ha saputo far emergere il discorso dell’artista anche nella cascata di carta: carta segnata da parole incomprensibili che l’artista ha voluto significare come i discorsi, troppo spesso inutili e faziosi, che non possono certamente portare alla pace. In questo pare abbia voluto ricordare una precedente performance sulla “Carta dei diritti dell’uomo”, dove i diritti erano scritti con un continuo bla, bla, bla…: scritti sulla carta igienica che fuoriusciva da un bidone senza fondo. I segni incisivi, i colori aggressivi, i grovigli, i buchi che inghiottono le tutte le speranze, esternano il sentire dell’artista che ode e fa udire solo l’orrore della morte e dei disastri.

“Nella presentazione di Federica Murgia gli Echi di guerra si fanno cupi ed assordanti e, nella disperazione, elevando le braccia al cielo, ognuno avverte un senso di orrore e di sbandamento. Sembra che tutto crolli, che tutto diventi marea informe di calcinacci, di corpi smembrati e di morti che vengono avvolti in teli macchiati di sangue: è la guerra. Queste sensazioni d’orrore turbano Luigi De Giovanni che viene travolto dall’urgenza di fissare tutto per dare sfogo al suo dolore. Ecco allora riemergere i jeans delle contestazioni sessantottine, delle rivoluzioni giovanili contro guerra e prepotenze mosse solo dal desiderio di potere, di mostrare i muscoli travolgendo popolazioni che non vorrebbero questo. I colori vengono lanciati con rabbia e sono misti a scampoli di sofferenza che non lascia speranza. L’artista, per La Giornata Del Contemporaneo 2024, installa vecchie e nuove opere su tela e su jeans e in una performance catartica, che lo porta a strappare fogli macchiati di dolore, sogna un mondo migliore: un mondo, dimentico di utilitarismi e tristezza, dove regni la pace.”











lunedì 23 settembre 2024

 





Luigi De Giovanni

Giornata del Contemporaneo 2024 indetta da AMACI

12 ottobre 2024 

Studio Sutta Le Capanne du Ripa e Studio 22

Specchia piazza del Popolo 


Echi di guerra

Gli echi si fanno cupi ed assordanti e, nella disperazione, elevando le braccia al cielo, ognuno avverte un senso di orrore e di sbandamento. Sembra che tutto crolli che tutto diventi marea informe di calcinacci, di corpi smembrati e di morti che vengono avvolti in teli macchiati di sangue: è la guerra. Queste sensazioni d’orrore turbano Luigi De Giovanni che viene travolto dall’urgenza di dipingere: di fissare tutto per dare sfogo al suo dolore. Ecco allora riemergere i jeans delle contestazioni sessantottine, delle rivoluzioni giovanili contro guerra e prepotenze mosse solo dal desiderio di potere, di mostrare i muscoli travolgendo popolazioni che non vorrebbero questo. I colori vengono lanciati con rabbia misti a scampoli di sofferenza che non lascia speranza. L’artista, per La Giornata Del Contemporaneo 2024, installa vecchie e nuove opere su tela e su jeans e in una performance catartica, che lo porta a strappare fogli macchiati di dolore, sogna un mondo migliore: un mondo, dimentico di utilitarismi e tristezza, dove regni la pace. 

Specchia 5 – 8 – 2024                                                  Federica Murgia


Immagine


Autore Luigi De Giovanni

Dimensione 40x90 

Anno 2011/12

Tecnica olio su tela

Titolo Fate l’amore non fate la guerra

martedì 27 febbraio 2024

Anche LUIGI DE GIOVANNI A FIRENZE

 

Firenze

INDIVIDUAZIONE INTERNAZIONALE
Rassegna di Arti visive contemporanee




Il 24 febbraio alle ore 17.30 si è inaugurata, alla Galleria d’Arte Mentana di Firenze, la mostra INDIVIDUAZIONE INTERNAZIONALE Rassegna di Arti visive contemporanee
Un’esposizione molto interessante e caratterizzata da un incontro di espressività individuale degli artisti, tutti di alto spessore.
In questa mostra ritroviamo un’incursione nella fiaba di Audrey Traini, scorci di paesaggi dell’anima di Bianca Vivarelli, il ritmo segnato da frammenti di precise pennellate di Eva Breitfuss, le suggestioni dei ritratti dai caldi colori di Aldéhy Philip, le campiture armoniche che contraddistinguono le opere di Giancarlo Cerri, l’impasto della materia che si illumina nelle opere di Luana Baldi, la solitudine degli scorci ombrosi di città di Valerio Tanini, il mondo interiore di Tina Hellblom Thibblin che, in climi nebulosi, fa emergere l’animo, la nostalgia delle cavallerizze d’un tempo che emergono nei meravigliosi pannelli di Sergio Benvenuti, le vibrazioni coloristiche che, nelle rappresentazioni naturalistiche, raccontano il tempo che passa e il mondo interiore di Luigi De Giovanni, i musici che fanno giungere a noi le armonie intime di Giampaolo Talani. 
Una mostra, allestita con maestria, che riesce a far risaltare l’animo degli artisti e la professionalità dello Staff della galleria.   
Giovanna Laura Adreani                                               

La mostra si potrà visitare alla Galleria d’Arte Mentana Arte Moderna e Contemporanea sino al 10 marzo 2024
Via della Mosca, 5r
50122 Firenze (Italia)
Telefono/Fax: +39 055 211985
Cellulare: +39 335 1207156
Email: galleriamentana@galleriamentana.it



giovedì 14 dicembre 2023

De Giovanni Luigi a Firenze in "Orizzonti Contigui"




 La galleria Mentana di Firenze, in prossimità delle feste natalizie, come ogni anno, il giorno 16 dicembre 2023 dalle ore 17,00 alle ore 20.00 terrà l’opening di “Orizzonti Contigui” Rassegna di Artisti Internazionali che animerà lo spazio sito nel cuore di Firenze, in via della Mosca, 5. 


Orizzonti Contigui

Attraverso le opere in mostra è possibile immergersi nelle descrizioni di pensieri, idee e sensazioni che danno luogo al mondo degli artisti presenti che, nella realizzazione delle opere, hanno trovano l’occasione per avventurarsi nelle sfaccettature della natura fatta di paesaggi e di atmosfere, per ritrovarsi nel mondo della fantasia o nelle problematiche dei percorsi dell’uomo, fino ad attraversare riflessioni o sogni che muovono dall’Io o dalla religiosità. Colori, pennellata e percorsi capaci di trasmettere il mondo della bellezza e delle contraddizioni dell’uomo che è sempre alla ricerca di quei valori che danno senso alle opere di questa bellissima rassegna artistica.

 

L’evento sarà anche occasione per scambiarci gli Auguri di Natale.


Artisti presenti in Mostra:

Eva Breitfuss - Audrey Traini - Lis Engel – Giancarlo Cerri – Aldehy – Bianca Vivarelli – Krasimir S. Marinov – Eileen Herres – Valerio Tanini – Tina Hliblom-thibblin - Camilla Vavik Pedersen – Patrizia Pepe – Luigi De Giovanni – Salvatore Magazzini – Anna Lapshinova



Galleria d’Arte Mentana

Arte Moderna e Contemporanea

Via della Mosca, 5r
50122 Firenze (Italia)
Telefono/Fax: +39 055 211985
Cellulare: +39 335 1207156
Email: galleriamentana@galleriamentana.it

giovedì 19 ottobre 2023

La pizzica: un percorso dell’animo

 La pizzica: un percorso dell’animo





Per le opere in mostra l’artista ha scavato nelle sensazioni che in lui, salentino, hanno suscitato e suscitano ancora i gesti e i movimenti che accompagnano questa ancestrale danza. Luigi De Giovanni ha sempre vissuto la pizzica ma per chiarirsi meglio le idee, per realizzare le opere, l’ha studiata sino ad immergersi nelle atmosfere che suggerisce. 

La pizzica è donna, è espressione di sensibilità, grazia e sofferenza che ancora si manifestano in movimenti e passi zoppicati che apparentemente suggeriscono allegria ma, nella realtà di un tempo che non c’è più, nascondono angoscia, fame: desiderio d’avere attenzione anche se solo per i contorcimenti che tanto coinvolgevano e coinvolgono. La pizzica, che aveva in sé religiosità e paganesimo, ha perso l’aspetto originario, che portava a San Paolo a Galatina flotte di tarantolate e pellegrini, per diventare spettacolo che riempie piazze con un ritmo che arriva alla pancia risuonando in un’amplificazione delle sensazioni che costringono a movimenti che fan dimenticare le angosce e i problemi. Luigi De Giovanni è come se sentisse il rullar dei tamburi che pare abbiano guidato le sue pennellate che rapide si sono mosse sulla tela a lasciar sensazioni: tracce di colore efficaci nel comunicare il messaggio. L’artista ha voluto raccontare il suo sentire che lo riporta all’imbrunire nelle aie delle campagne del paese dove le giovani, stremate dalla fatica, trovavano la forza di ballare al rullare di tamburi e i suonatori si sfinivano e spesso si ferivano nella foga delle percussioni incessanti che facevano vibrare i pendaglietti appesi al telaio per aumentare il colore del suono. Nelle opere in mostra si avvertono le emozioni, i ricordi, il Genius e l’Humus del Salento e pare di sentire le canzoni che esprimevano gli stati d’animo e i morsi della fame che potevano riportare al doloroso pizzico della tarantola che costringeva alla danza.

Un’interessante mostra che racconta l’amore dell’artista per la sua terra e per le tradizioni che la contraddistinguono.    Federica Murgia












martedì 3 ottobre 2023

Luigi De Giovanni con la pizzica,

 


Studio 22 

piazza del Popolo 22 - Specchia (Lecce), 73040

Luigi De Giovanni

http://www.degiovanniluigi.com


Luigi De Giovanni con la pizzica, pennellata dopo pennellata, riesce a catturare l’anima, l’Humus e il Genius di un ballo che racchiude in sé la spiritualità del Salento.

La mostra partecipa alla 19 “Giornata del Contemporaneo” indetta da AMACI Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani

7 ottobre 2023 - ore 9.00/12.00 - 17.00/21.00


SCHEDA TECNICA


Mostra:

Luigi De Giovanni

Titolo:

Con la pizzica, pennellata dopo pennellata, riesce a catturare l’anima, l’Humus e il Genius di un ballo che racchiude in sé la spiritualità del Salento 

Spazio d’Arte 

Studio 22 - Piazza del Popolo, 22 Specchia (LE) 73040

Partecipazione

19° Giornata del Contemporaneo indetta da Amaci che si tiene il giorno 7 ottobre - orario Giornata del Contemporaneo: ore 9.00/12.00 – 17.00/21.00

Apertura 

Ore 9.00/12.00 – 17.00/ 21.00


Durata 

Sino al 19 ottobre 

Sede:

Studio 22 piazza del popolo 22 - specchia (lecce), 73040

Info 

federica@murmurofart.com  Cell. 329 2370646

http://www.degiovanniluigi.com

Il ritorno alle origini, ai suoi luoghi, al suo Io e all’humus che l’ha nutrito, è diventato per Luigi De Giovanni un’urgenza, non solo pittorica, che l’ha travolto riportandolo a amar ancor di più la sua cultura, la sua terra, allo stesso tempo ad un’immersione nella riscoperta di quel Genius Loci che pare ogni volta suggerirgli le tracce e i colori che prendono forma sulle sue tele. Colori che l’artista fa emergere con toni cupi e a volte angoscianti e che riportano a prima dell’emigrazione, della presa di coscienza dei salentini d’essere persone e non mani e braccia da sfruttare: colori che descrivono il rifugio nelle tarantolate dove, ballando freneticamente sino allo sfinimento, emergeva un sentimento di dolore nascosto d’apparente divertimento con la pizzica. Così l’artista inseguendo i suoi pensieri e il suo inconscio si ritrova a percorrere sulle tele le linee di movimenti ancestrali che, al rullar di tamburelli, scaturiscono quasi spontanee dai corpi travolti dal ritmo che fa interpretare la musica che ha accompagnato gli antenati. Nel rullare frenetico e nei canti che san di rituale è la danza che, diventa più intensa e capace d’interpretare sentimenti, turbamenti e dolore, si fa catarsi di antiche storie di fame, dolore e sofferenza. Nei corpi che si curvano, s’inseguono, s’innalzano in movenze allusive c’è il racconto che l’artista ha voluto fissare con ampie e significative pennellate dove si intuisce la mestizia di una dolorosa malinconia. Per lui è stato importante cogliere un gesto, un assolo saltellato e accompagnato da gesti abbraccianti di scialli, diventati protagonisti di allusioni e giustificazioni mimiche. Il corpo della donna in queste opere racconta di esorcismi, di rituali terapeutici e credenze popolari, di dolore e d’abbandono al ricordo di quella fame che aveva morsicato lo stomaco dei poveri prima degli anni sessanta, ma soprattutto d’amore per una terra e una cultura che sa stupire. Nella sua ricerca fra le note, i movimenti e i passi della pizzica De Giovanni si fa travolgere da un rimando ai tempi moderni che vedono le piazze salentine infervorate da pizziche pazzesche che superano quel significato intimo e doloroso del passato per diventare puro divertimento e gioia. L’artista sceglie di riprendere le scene descritte nei paesaggi facendo delle aie, che accolsero i frutti del lavoro, luogo di memoria, di evocazione ma anche di gioia. In alcune opere è evidente il passo zoppicante della pizzica diventata armonia negli svolazzi delle ampie gonne tenute con grazia, nei fazzoletti divenuti provocanti ed invitanti e nei gesti dei corpi flessuosi che inchinandosi, avanzando o indietreggiando descrivono storie di corteggiamento o dolore. De Giovanni sceglie di cogliere alcuni tratti e spesso ha tralasciato i piedi perché se è vero che si danza con i piedi e altrettanto vero che è il corpo a raccontare: a ricordare sensazioni e spiritualità. Lui si concentra sulle accennate linee suggerite da corpi femminili che esaltano le memorie ataviche che ancora vogliono prendere forma e colore così, pennellata dopo pennellata, riesce a catturare l’anima, l’humus e il Genius di un ballo che racchiude in sé la spiritualità del Salento.

                                                                   

Federica Murgia



Immagine:

Titolo: Pizzica – Perdersi nel tempo

Dimensione: cm. 120x 80

Tecnica: olio su tela

Anno: 2022







Autore: Luigi De Giovanni

sabato 22 aprile 2023

Riflessioni sulla Tragedia a Specchia

Home - De Giovanni Luigi pittore contemporaneo - Creazioni d'arte - Cagliari






Riflessioni sulla Tragedia a Specchia
Quando ho iniziato a frequentare Specchia, sin dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso, ho sentito parlare dell’eccezionale evento della Tragedia che veniva rappresentata ogni quindici anni, grazie all’impegno di molti cittadini che si calavano nelle varie parti interpretandole con fede, fervore e con i mezzi stilistici e tecnici che si avevano a disposizione. I cittadini, attori dilettanti, venivano così investiti dall’alto compito di far cogliere al pubblico il significato del sacrificio di Gesù al fine della salvezza degli uomini. Ho sentito i racconti dell’espressività genuina e partecipata riguardanti alcuni attori che nelle vesti di Lucifero e dei diavoli tuonavano con voce potente nell’interpretazione dei progetti maligni assegnati dal ruolo; fiamme infernali create con luci rosse che si innalzavano a dare maggiore credibilità alla scena: in questo senso mi ha molto incuriosito l’uso di polvere di pece, lanciata sapientemente sul fuoco, per creare fiammate infernali. Ho conosciuto Valeria Polimena, una gentile signora, che mi ha raccontato di quando interpretò l’angelo volante dopo essere stata ancorata con delle corde, grazie ai marchingegni fatti di sana pianta da suo padre, che la fecero arrivare dall’alto nella scena proprio nel momento opportuno. Mi hanno narrato del palco creato di volta in volta con precisione dagli artigiani del paese che, con strumenti rudimentali, facevano miracoli sino a fabbricare fondali e quinte, dipinti con cognizione, che scorrevano puntualmente al momento programmato, dando pienamente l’idea della scatola scenica che diventa il palco nelle rappresentazioni teatrali. Ho ascoltato i racconti sulle varie e differenti interpretazioni del tradimento di Giuda che lo condurrà alle terribili pene dell’inferno, sull’opportunismo di Caifa, del sinedrio e di Ponzio Pilato, sulla cattiveria del cieco Longino e del centurione che poi si pentirono confidando nell’infinita misericordia di Dio sino a professare la fede con umiltà sulle tre donne così partecipi che pareva avvertissero profondamente il dolore e piangenti si disperavano seguendo Gesù: fra loro emergeva chi si calava nelle vesti di Maria in tutta la sua sofferente maestà di madre addolorata. Gli attori interpreti dilettanti di Gesù, l’Agnello Sacrificale, erano così convinti che nella recitazione trovavano in loro la fede che li portava al dolore dell’Uomo figlio di Dio rassegnato alla volontà del Dio Padre per far dono agli uomini del perdono e della salvezza. I racconti e i giudizi sulle interpretazioni della meschinità del Sinedrio e di Ponzio Pilato che amministravano la giustizia nell’ingiustizia e nell’egoismo sino alla condanna di Gesù. Mi avevano raccontato che il testo originale, risalente all’ottocento e rappresentato nel 1838 per la prima volta, essendo troppo lungo e molto impegnativo, venisse suddiviso e rappresentato in due giorni, questo fece sì che fosse adeguato e ridotto per poter fare in modo che tutto si rappresentasse in circa tre ore.  
Ringraziando la Pro Loco, il Comune di Specchia e Temenos, il regista e tutti gli attori e i tecnici, finalmente, dopo aver ascoltato i racconti e i giudizi delle edizioni più recenti, ho avuto la fortuna d’assistere e vivere “La Tragedia”. 

Sapevo che sin da ottobre un gruppo di persone, sotto la guida del perfetto regista Marco Antonio Romano, era impegnato nella preparazione dell’edizione 2023 della Tragedia di Specchia. Curiosa come non mai ho avuto il piacere di seguire una delle ultime prove che mi ha predisposto molto positivamente a voler assistere, nonostante il freddo intenso, alla bellissima edizione di quest’anno. Mentre seguivo, molto interessata, immaginavo le preoccupazioni degli attori e di tutti gli operatori, le ansie per le possibili défaillance o per il mal funzionamento dei mezzi tecnici ma niente d’importante, che potesse pregiudicare la buona riuscita della rappresentazione, si è verificato. Qualcuno, ricordando le edizioni passate, può aver sentito la mancanza di scenografie conosciute ma a me tutto è apparso meravigliosamente bello. Infatti, pur non essendoci il classico allestimento scenico e la tanto amata fiammata infernale, ho molto apprezzato questa edizione perché il gioco di luci rendeva il clima molto attinente e giusto: quasi magico. La rappresentazione viene annunciata da un sottofondo musicale e dal coro, sotto la direzione di Deborah De Blasi, Claudia Procula solo voce, che suggeriscono una malinconia e una dolcezza inusitata. Un violino pare voler accentuare queste mie sensazioni. L’attesa comparsa di Lucifero, maestoso principe degli inferi, ci mette davanti alla bravura di un molto convincente Santino Giangreco che recita con sicura dizione e competenza. L’arrivo di Giovanni Santoro nelle vesti di Astarot e di Enza de Rinaldis in Asmodeo hanno evidenziato i progetti maligni in un’interpretazione perfetta, con balzi, movenze e toni di voce a volte alti e aggressivi che calavano per segnare maggiormente le intenzioni. La scena, esaltata da luci capaci di suggerire climi infernali, è coerente con l’intenzione del testo. Quest’atmosfera mi ha fatto pensare ai racconti riguardanti le precedenti edizioni dove proprio a questo punto molti bambini terrorizzati piangevano promettendo d’essere buoni al fine d’evitare le fiamme infernali: non so se i bambini di oggi siano ancora così timorati. Le preoccupazioni di una intensa e amorevole Maria sono rese dalla capacità di Laura Boccadamo di appropriarsi della parte e di rivolgersi al figlio Gesù, un Luigi Ricchiuto sublime, sapendo dar espressività al momento di drammaticità e sentimento che si stava vivendo. Nell’efficace interpretazione di Giuseppe Giangreco il discorso di Giuda, che ascolta l’insinuante e persuasivo Astarot, mi fa pensare all’attualità dove pare che solo la ricchezza abbia importanza e per questa si è disposti a tutto. La rappresentazione si fa sempre più denuncia delle debolezze degli uomini che spesso esercitano la giustizia nell’ingiustizia come nel sinedrio (Enzo Pizza, Gianfranco Masciali, Franchino Caloro, Franco Pizza, Nicola Baglivo il cui sforzo per migliorare la sua dizione e nel calarsi nell’apostolo Raban ha dato buoni risultati in scena e infatti ha mostrato d’aver completa padronanza della parte e atteggiamento e recitazione consona, Alessio Giuliano, Tommaso Fiorentino). Un altero Caifas (Alberto Branca) fa pensare alla paura di perdere il potere, agli errori di valutazione che ancora oggi capitano per opportunismo, interesse o superficialità: anche nella tragedia emerge questo e infatti a nulla sortisce la difesa di Gesù fatta da Giuseppe D’Arimatea, l’espressivo Fernando Branca. Infatti Caifas, sollecitato dalla maggior parte dei sacerdoti che vogliono la morte di Gesù, ne comanda al centurione l’arresto. Il centurione, un deciso e imperioso Giorgio Biasco, dà disposizione ai soldati affinché vengano eseguiti gli ordini del gran sacerdote. A palazzo c’è aria di intrigo infatti il centurione e Giuda contrattano il tradimento. I trenta denari, d’argento, risuonano mentre passano di mano e il che ci riporta ai nostri giorni dove nella società dell’apparire facilmente per soldi si compiono le peggiori iniquità. Si battono i denti per il freddo ma la rappresentazione prosegue e gli attori, che appaiono convincenti e sicuri nei ruoli, si muovono senza titubanza nello spazio scenico minimale: creato con elementi essenziali e luci significative. L’ultima cena, in piedi come nei moderni buffet, è molto convincente e di grande intensità, sublime è il momento in cui Gesù spezza il pane alzando le braccia al cielo divinizzandolo nel più grande significato del corpo di Cristo. L’angelo, Ilenia Brugnara, appare amorevole nel parlare a Gesù che nello scoramento è conscio di dover accettare il calice amaro che lo porterà all’eterna vittoria. I tradimenti son compiuti e il perfido diavolo trama per la salvezza di Gesù e l’albero, quasi minaccioso, incombe sul traditore Giuda un perfetto, nell’interpretazione, Giuseppe Giangreco che sino alla fine si è calato negli stati d’animo della perdizione. Sublime è stato il discorso, intriso di profonda emozione, che fa Gesù ai suoi discepoli facendo si che Luigi Ricchiutto emerga come attore consumato capace di affrontare una parte dove gli stati d’animo sono alla base del ruolo. Che dire poi dei tradimenti quasi annunciati negli atteggiamenti dell’interpretazione di un insicuro e titubante Pietro, reso nel migliore dei modi da Giuseppe Antonazzo o del mite Giovanni, che Luigi Pecoraro fa rivivere in modo eccellente, stando sempre vicino a Maria che pare soffrire realmente per il supplizio patito da Gesù addolorato che preconizza tradimenti ed eventi. Nella scena cinque dell’atto secondo le tre donne recitano in modo esemplare ed emerge il dolore di una madre che cerca giustificazioni e implora rivolgendosi a Giuda, a Giovanni e a Pietro mentre Maddalena e Marta, che hanno due perfette interpreti in Ilaria De Giorgi e Sonia Cardigliano, cercano di consolarla esortandola alla rassegnazione. In questa accorata scena troviamo il dolore di ogni mamma che deve accettare la perdita del proprio figlio. Intanto un incerto Pietro, che rinnega Gesù, si rivolge a Samuele, un Luigi Musio che riesce ad essere convincente e sprezzante al pari di Ancilla, Maria Teresa Panarese e Malco, Francesco Giunca, tutti sempre all’altezza del ruolo.
Giuda ragiona e riflette sul suo tradimento e nel dialogo con Asterot viene fuori una coinvolgente scena di teatro d’alto livello perché i due interpreti danno l’anima per essere persuasivi e calarsi nei ruoli. Nel dialogo di Pietro con Asmodeo i due interpreti sanno far cogliere la perfidia sottile del diavolo che riesce a creare incertezze nel già titubante traditore Pietro che fa avvertire il pentimento, il senso di colpa e la disperazione. Una scena dinamica che viene esaltata dalle luci dirette con molta precisione ad evidenziare con efficacia un’atmosfera campestre. 
Nella città ,intanto, Giuda, colpevolizzato dall’insidioso Asterot, paventando la triste sorte che lo aspetta, è un Giuseppe Giangreco che riesce ad essere sempre sul testo in modo impeccabile: trasmettendo al pubblico ripensamenti, dubbi e preoccupazioni per l’atto che si accinge a compiere. Una scena drammatica dove i due magnifici attori sanno calarsi nel migliore dei modi nei personaggi sino a rendere gli stati d’animo e la situazione di Giuda, prigioniero delle trame diaboliche, veramente convincenti. 
Nella reggia, Francesco Corchia che interpreta Pilato appare realmente  sicuro nel ruolo che lo porta a condannare Gesù, nonostante i suggerimenti di Asterot, un sempre bravissimo Giovanni Santoro che ha saputo recitare con convinzione, come vuole il popolo sobillato dai sacerdoti e come espressamente chiesto dal Centurione, interpretato da Giorgio Biasco in grado di calarsi perfettamente nell’essenza del personaggio mostrando fermezza anche nell’immedesimarsi nelle vesti d’un cattivo soldato  che è  capace però di non cedere ai consigli di Asterot. Giorgio è stato puntuale in ogni momento della sua parte, simulando il pentimento e la rinuncia agli agi del suo stato che solo la misericordia di Dio sa significare.
Nello spazio della scena le luci, i costumi e i simboli ci conducono alla Reggia dove ha inizio il supplizio di Gesù e qui che la capacità di Luigi Ricchiuto diventa espressività pura nel raccontare gli eventi. Giovanni in uno struggente monologo occupa tutta la scena seconda dell’atto quarto e qui Luigi Pecoraro dà il massimo. 
I climi cambiano e il dolore di Maria, che assiste alla mortificazione del figlio, è così reale che fa di Laura Boccadamo un’attrice abile nel calarsi nel dolore e nei sentimenti sino a far percepire la santità della Madonna madre di tutti. In lei ho visto grande attitudine interpretativa e soprattutto la rappresentazione della sofferenza accettata di una madre vera. La madre di tutti ha avuto con lei un’espressività coinvolgente e attinente alle esigenze del testo. Un essenziale, ma d’una bellezza struggente, calvario, giusto nell’atmosfera, è reso con una croce priva d’ogni orpello dove Gesù di Luigi Ricchiuto, vestito con una leggera e corta tunica bianca, ci trasmette il dolore e il senso del perdono. Qui il cieco Longino è interpretato da Silvano Maisto che riesce con convinzione ad esprimere rabbia e cattiveria nel colpire Gesù, subito dopo, è capace di calarsi, in modo convincente, nel pentimento di chi, miracolato, si converte sino a vivere la fede con amore palesando la grandezza della misericordia di Gesù. Vorrei scrivere tanto sulle sensazioni trasmesse dall’infreddolito e sofferto Luigi Ricchiuto nelle vesti di Gesù in croce deriso e umiliato. Luigi ha dato una grandissima prova calandosi nella sofferenza e nella misericordia, che ha emozionato e coinvolto tutti i presenti. L’intonazione delle sue angosciose parole è stata così coinvolgente che ha commosso gli spettatori capaci di un lungo e sentito applauso che riporta alla festa di risurrezione. Ho ascoltato ed apprezzato la poesia e la dolcezza del canto di Roberta Branca, interprete della Veronica, che asciuga amorevolmente Gesù con il panno di lino. Mi ha incuriosito parecchio Ilaria De Giorgi nelle vesti di Maria Di Magdala perché anch’io ho avuto la ventura di posare per Luigi De Giovanni quando fece un’opera sulla Maddalena al santo sepolcro. Ho visto le ansie di Ilaria e ho ricordato le mie, ho visto il suo amore per Gesù e mi sono rivista stanca della lunga posa e poi triste quando l’opera venne venduta al prezzo giusto o meglio per me svenduta perché ritenevo che quell’opera bellissima non avesse prezzo. Brava Ilaria sei stata capace di vivere Maria di Magdala nel migliore dei modi. 
Gli angeli appaiono quasi in punta di piedi e si avverte l’accuratezza nello studio di Caterina Greco e Greta Sanapo che con tenerezza sentita, mesti e consolatori donano quella poesia angelica che solo i bambini sanno trasmettere. Tutto porta alla misericordia di Gesù. La sofferenza di chi lo ha interpretato non è solo una finzione scenica perché, sicuramente, nelle gelide notti di questa Pasqua ha realmente tremato e sofferto il freddo. Anche gli attori che hanno avuto parti minori si sono rivelati precisi nell’interpretazione e negli atteggiamenti dimostrando che insieme si possono raggiungere grandi risultati e che in una rappresentazione anche una sola battuta è indispensabile al fine di un’ottima riuscita, in questo caso la Tragedia di Specchia ecco perché mi fa piacere ricordare tutti i loro nomi: Malco Francesco Giunca, Alciste Daniele Indino, Ripas apostolo Franco Pizza, Teras giudeo apostolo Enzo Pizza, Nicodemo apostolo Tommaso Fiorentino, Potifar giudeo apostolo Francesco Caloro, Josafat giudeo apostolo Gianfranco Masciali, Ancilla Maria Teresa Panarese, Diaribas giudeo apostolo Alessio Giuliano, giudeo e apostolo Gino Vincenti, Samuele servo e apostolo Luigi Musio. 
Che dire poi della regista che ha diretto magistralmente la rappresentazione dando significato all’impegno di tutti gli attori, che si sono presentati in scena sempre con abbigliamento idoneo alle situazioni, ai ruoli e al periodo. Anche le sue scelte sceniche, che potevano creare sconcerto, si sono rivelate efficaci e convincenti.  
Nella speranza che questa compagnia teatrale possa regalarci nuove rappresentazioni complimenti a tutti: attori, regista, collaboratori e organizzatori.   
                           Federica Murgia