“Uomo
del mio tempo” omaggio a Salvatore Quasimodo
di Luigi De Giovanni
Presentazione di Antonio Penna
MOSTRA
DI PITTURA DI LUIGI DE GIOVANNI
(11 ott. 2014)
Scartabellando tra le mie carte ho trovato qualcosa che alcuni anni addietro
scrivevo per una mostra, forse la prima, di Luigi De Giovanni. L'ho letto per
capire se qualcosa, poco o molto, è cambiato nella sua arte e nella sua proiezione verso il presente ed il
futuro. Leggiamone alcuni brani: "Una cascata di
colori adagiati sulla tela, ora trasparenti
e sfumati, ora cupi e
densi: i quadri di Luigi De Giovanni, un pittore che conosco da sempre, uno
stato d'animo in bilico tra l'incanto di una natura suggestiva e
trasognata ed il peso di un presente tormentato ed angoscioso.
Conosco da
sempre le sue esperienze di artista, la sua perizia tecnica affinata nel tempo,
le sue tensioni giovanili, la sua
vocazione totale ed incondizionata per l'arte, il suo contatto diretto ed immediato con l'oggetto, anzi
il soggetto del suo quadro. Sarà
una natura morta o un
ritratto o una composizione floreale: sempre la stessa partecipazione affettiva
per un sogno che si condensa in colori e figure, in una
dimensione suggestiva e
cordiale.
Il
tutto è inquadrato in un contesto luministico avviato verso il tramonto: una
luce ovattata si diffonde uniforme sulla tela e chiude in un velo di malinconia quelle composizioni addensate, che lasciano senza
respiro, come se l'artista
avesse paura
dell'ignoto e del vuoto, come se cercasse di fugare
presenze misteriose ed inquietanti.
Il Salento, la campagna romana, la
Sardegna: tre esperienze di vita,
tre tappe di un itinerario umano ed
artistico che certamente hanno lasciato un segno
profondo nella sua produzione,
anche se non si intravedono i contrasti luministici e la solarità calda e pregnante della sua terra d'origine o della sua patria
d'adozione. Senza fare riferimento agli
impressionisti francesi
ed italiani di fine Ottocento, possiamo riconoscere nei suoi quadri il paesaggio laziale
con i suoi colori morbidi e sfumati, come addolciti e sfumati
dal tempo sono i ricordi
della fanciullezza passata in quei luoghi.
Ma forse nei suoi quadri cercheremo invano una natura concreta e ben definita, perché egli ritrae uno stato d'animo, il sogno
sfuggente di una terra
accarezzata e lontana, sentimenti semplici e veri in un mondo che
egli vorrebbe migliore, ma che
vede immerso nel caos.
Anche questo
groviglio di male raffigura Luigi
De Giovanni: toni cupi di colori lasciati cadere sulla tela, simboli stilizzati di una prigione difficile da
scalare, incubi ricorrenti nella
notte dell'inconscio, richiesta angosciosa d'aiuto, frecce che
guidano verso il nulla, scale
aggrappate alla speranza che un
giorno, forse, potrà guardare al di
là del muro e
cogliere finalmente quei fiori così amorevolmente ed a lungo accarezzati".
Oggi una nuova mostra si
presenta a noi con un titolo particolare, un titolo che ci rende curiosi:
"Uomo del mio tempo", una poesia che ci richiama la figura di
Salvatore Quasimodo, uno dei più grandi scrittori del Novecento, insignito del
Premio Nobel per la letteratura nel 1959. Nato a Modica (Ragusa) nel 1901, si
trasferì a Messina nel 1908 dove frequentò un Istituto Tecnico, subì
l'esperienza del terremoto e conobbe Elio Vittorini. Successivamente si
trasferì a Roma, si avviò verso gli studi di latino e greco ed iniziò a comporre dei versi. Nel 1929
si trasferì a Firenze e poi a Milano, dove pubblicò La raccolta "Acque
e terre" accostandosi al
decadentismo con influssi letterari di Pascoli, D'Annunzio, Mallarmè, Rimbaud,
Baudelaire, Valery. Nel 1947 pubblica la raccolta "Giorno dopo Giorno" da cui è ricavata la lirica:" Uomo del
mio tempo" che stiamo per
leggere. Muore ad Amalfi nel 1968.
Anche la vita di
Luigi De Giovanni è stata un passaggio tra Specchia, Roma e la Sardegna, ma
negli studi ha seguito sempre quelli dell'arte fino all'Accademia dell'Arte di
Roma.
Leggiamo la poesia che
dà il titolo alla mostra. (Riflessioni)
La guerra, il sangue, la
distruzione, la morte: la storia si ripete da Caino fino ai nostri giorni e
continuerà nel tempo senza speranza di riscatto. E' ciò che si vede in queste
tele di Luigi De Giovanni pervase da un profondo pessimismo per l'oggi ed anche
per il domani. Il colore rosso domina incontrastato in tutti i suoi quadri,
alcuni dei quali si lasciano squarciare da colori diversi, come se tra tanto
dolore l'artista volesse aprire un varco alla speranza, malgrado i segni di
morte affliggano i nostri giorni. Basta guardarci intorno, aprire un giornale, ascoltare la
televisione, per capire che il mondo si proietta verso un futuro sempre più
cupo: mistero e minaccia sono i nostri fratelli di oggi. Caino ritorna in tante
persone che, anche in nome di una religione, stuprano, uccidono, decapitano in
segno di sfida. Messico, Guatemala, Colombia, Palestina, Siria, Iran, Iraq, Libia, Somalia, Centro Africa sono alcuni teatri
di guerra. Papa Francesco nell'anniversario dell'inizio della Grande Guerra sul
sagrato di Re di Puglia il 13 settembre di quest'anno ha parlato di:"
Guerra mondiale a pezzi ". Il mare Mediterraneo quasi ogni giorno
inghiotte migliaia di persone costrette a fuggire dai loro paesi per la fame o
le guerre intestine.
Nei quadri di Luigi De Giovanni vediamo stesi panni di
rosso-sangue che coprono le tombe di tante donne e bambini colpevoli solo di
essere nati in quei luoghi. Fame, malattie ed abbandono sono i loro compagni di
una breve non-vita. E questo noi vediamo nei quadri di questa mostra dove,
malgrado tutto, ci sembra di scorgere dei segni di speranza nei pochi passaggi di azzurro dove il cielo cerca
di aprirsi un varco e dove lo
stesso rosso-sangue si ravviva in una dimensione di amore e di vita perché,
ricordiamolo, il sangue è anche e soprattutto la linfa che fa battere il cuore
di ogni creatura dall'inizio del suo concepimento.
Concludiamo augurandoci che questa
mostra, trascorsa la notte del dolore, si apra alla speranza ed alla gioia di
un mondo migliore.